#inviaggiocolgabbiano – XV tappa. Assunzione di responsabilità. Tre parole che introducono il pensiero di Raffaele Fiorito, papà di Elena, ma che in fondo riguardano tutti, genitori o no, in quanto parte di una comunità. Mi sento responsabile dei problemi che la tua fragilità comporta, quindi mi attivo, faccio la parte che mi spetta, piccola o grande che sia, per risolverli. E’ una scelta non scontata, nemmeno per un genitore, perchè è faticosa, intima, indifferente ai riflettori. Su questa visione “sociale” si potrebbe dire molto. E’ sociale, ma parte dall’individuo, anche all’interno della famiglia. Accettando di parlare con noi, Raffaele (come chi lo ha ha preceduto) va oltre il ruolo del genitore che racconta della figlia. Che è già tantissimo! Diventa prima ancora un cittadino che porta il proprio contributo sociale fatto di “vissuto”. Quel vissuto racconta più delle parole che assumersi la responsabilità è una scelta possibile: basta decidere di farla.
di Giacomo Marinini e Giampiero Remondini
Tutte le nostre interviste si aprono con la stessa domanda sulla percezione che il nostro interlocutore ha della disabilità. E lei come vede sua figlia Elena? Cosa coglie in lei?
Più che una percezione, è un vissuto. Vediamo in lei una persona disabile con gli occhi di genitori, e ciò equivale a una assunzione di responsabilità dei problemi derivanti dalla sua disabilità. A volte si coglie in lei un senso di rabbia per la sua condizione, della quale è solo parzialmente consapevole.
La comunicazione è fondamentale in una relazione. Certo, con le parole si semplifica (diciamo “quasi” sempre…) ma anche la comunicazione non verbale restituisce risposte e sensazioni di quello che una persona prova. Può farci qualche esempio?
Essendo un libro aperto (non sa nascondere nulla), in lei la comunicazione non verbale è molto frequente, ed è contemporanea, o precede di poco, a quella verbale, alla quale non rinuncia mai. Se per esempio le si chiede se ci sta per una pizzata, allora il suo volto si illumina di gioia (segue quasi subito un’esclamazione a decibel elevati).
Elena è certamente portatrice di bisogni… ma anche di gioia. Vogliamo abituarci a pensarlo sempre, con lei e con tutti. Può aiutarci con qualche esempio?
Ci sono sicuramente momenti di gioia che condividiamo volentieri; tuttavia prevalgono i momenti problematici che lasciano un segno più marcato e più duraturo. Un esempio di momento di gioia è quando si mostra aperta nei confronti degli altri, con voglia di conoscere anche persone che vede per la prima volta (sull’autobus, in piscina, al centro commerciale).
Cosa vorrebbe come padre (o madre) per il suo futuro all’esterno della famiglia? Come lo immagina?
Vorremmo per lei un futuro sereno, circondata da persone che la seguano e la capiscano; un futuro possibilmente privo di troppe difficoltà, con persone che la aiutino a superarle. Tuttavia facciamo un po’ fatica a immaginare questo futuro.
Pensa che oggi ci siano maggior attenzione e accoglienza per le persone con disabilità rispetto a un tempo?
Nessun dubbio che oggi ci sia maggiore attenzione e accoglienza verso la disabilità, sia da parte delle istituzioni sia da parte delle persone soprattutto grazie al volontariato.
La sua famiglia si sente sola nell’affrontare i problemi quotidiani o si sente anche sostenuta dalle Istituzioni e dalla gente comune?
Effettivamente è questa la sensazione che a volte si prova, ma che tende a svanire quando si ha a che fare con le persone del Gabbiano.
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