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14/12/2008  |  il gabbiano

Il volontariato e la difficoltà di partecipare: i piani di zona

Chi desidera devolvere il 5×1000 all’associazione di volontariato “Il Gabbiano noi come gli altri” può indicare il codice fiscale n. 09218170158

E’ ormai opinione diffusa che il volontariato sia un attore insostituibile del nostro tessuto sociale e che il mondo delle associazioni in alcuni casi svolga un ruolo suppletivo e surrogativo di quello delle istituzioni. Ma poiché il governo e la gestione sociale sono appannaggio delle istituzioni, come queste si rapportano con l’associazionismo e come ne riconoscono il ruolo? Caso tipico di questo rapporto è la formazione dei Piani di Zona e cioè degli strumenti di programmazione in ambito locale della rete dei servizi sociali.
Questo rapporto, in occasione della redazione del Piano di Zona 2006-2008, è stato oggetto di una ricerca dell’IRS( Istituto per la Ricerca Sociale) su incarico del CSV( Centro di Servizio al Volontariato).
Su 6700 Organizzazioni di volontariato mappate in Lombardia, di cui il 50% circa iscritte a registro, quelle citate nei 98 piani di zona sono state 1107.Di queste ne sono state contattate 622 e 315 hanno risposto al questionario per la ricerca. Su questo campione 186(59%) conoscono i PdZ e 113(36%) sono state convocate per la programmazione 2006- 2008. Ma che cosa si aspettavano da questa partecipazione i soggetti coinvolti? Essenzialmente tre cose :

-Un cambiamento della realtà sociale.
-Incidere nelle scelte politiche.
-Risolvere i problemi dei cittadini.
Sulla risposta a queste aspettative e sul giudizio che le associazioni hanno dato, hanno inciso anche i diversi livelli di partecipazione. La redazione dei piani di zona si articola infatti in tre livelli :
– L’individuazione e l’analisi dei bisogni (ruolo consultivo).
– La fase programmatoria.
– La fase di coprogettazione
Delle 113 Odv convocate solo 84(74%) hanno preso parte effettivamente alla costruzione dei PdZ a vari livelli; quasi tutte hanno preso parte alla prima fase di analisi dei bisogni con diverse modalità (partecipazione a tavoli tematici e/o ad assemblee consultive, compilazione di schede e questionari). Molto minore la partecipazione alla definizione delle priorità programmatorie ed alla coprogettazione degli interventi.
Quali giudizi emergono da questa partecipazione delle OdV a vari livelli?. Vi è la consapevolezza di poter dare un contributo importante alla fase di analisi ed individuazione dei bisogni, molto meno a quella di individuazione delle priorità programmatorie e pochissimo alla coprogettazione degli interventi.
Per cui il sentire prevalente ha evidenziato i seguenti elementi :
-Una distanza tra le aspettative e l’esperienza realizzata.
-Non si è capito quale significato è stato attribuito alla partecipazione.
-Nell’ambito della partecipazione vi è una difficoltà a riconoscere un ruolo al volontariato.

Quali le cause e le criticità per questo bilancio poco positivo? Una prima criticità è la “difficoltà di comunicazione con le istituzioni”. Questa difficoltà comunicativa viene associata spesso al problema della rappresentanza del volontariato; servono interlocutori preparati, in grado di rappresentarlo. Vi è una difficoltà di comprensione tra il linguaggio tecnico del programmare delle istituzioni ed il linguaggio pratico del fare delle OdV.
Un altro punto è la difficoltà di conciliare tempi ed orari con gli impegni e le normali attività quotidiane. Vi è inoltre una difficoltà di riconoscimento di un ruolo specifico del volontariato e di interazione con gli altri attori coinvolti .Come si vede il rapporto istituzioni- volontariato è complesso ed è frutto di carenze e diversità dei ruoli da entrambe le parti.
Nonostante ciò il 55% del campione delle OdV oggetto della ricerca ha espresso la disponibilità a prendere parte alla nuova programmazione dei PdZ 2009-2011.Cosa fare per migliorare l’esperienza passata? Bisognerebbe passare dalla dichiarazione di proprie legittime aspettative ad una fase di costruzione di obiettivi comuni. Perciò è importante il lavoro di rete, in un’ottica di costruzione condivisa e partecipata dei progetti. La recente l.r. 3/08 “Il governo della rete” ha dato indirizzi in materia.E’ peraltro vero che” non basta sedersi intorno ad un tavolo per lavorare in rete”.Ma si deve considerare che l’esperienza fatta ha permesso di conoscere meglio chi sono gli altri.
Perciò l’obiettivo è quello che i soggetti coinvolti rafforzino e diano un senso alle relazioni di rete, per produrre servizi sociali rispondenti alle necessità del territorio e dei cittadini, costruendo strumenti di lavoro che favoriscano l’integrazione ad ogni livello, rispettando ognuno il proprio ruolo.
Nello Dragonetti

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