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Homepage > Magazine > Post dal 1997 > 2007 > "Donne e disabilità. Percorsi di vita". La discriminazione è più pesante e il pregiudizio influisce sulla loro femminilità
10/06/2007  |  il gabbiano

“Donne e disabilità. Percorsi di vita”. La discriminazione è più pesante e il pregiudizio influisce sulla loro femminilità

Nel difficile cammino per i diritti delle persone con disabilità vi è una realtà forse non a tutti evidente nel nostro ambito milanese: per l’altra metà del cielo, cioè per le donne, la discriminazione è multipla, per il fatto di essere contemporaneamente persone disabili e donne. E’ partito da questa realtà l’incontro su “Donne e disabilità: percorsi di vita”, che si è tenuto il 16 maggio scorso presso la Provincia di Milano in via Vivaio,1 e al quale l’associazione Il Gabbiano Noi come gli Altri non ha voluto mancare. L’incontro, organizzato da Ombretta Fortunati, consigliera con delega per la tutela dei diritti delle persone con disabilità, ha visto la testimonianza appassionata di donne che hanno raccontato le loro esperienze di madri, di operatrici del settore e di persone toccate direttamente dall’handicap.
L’affermazione iniziale, valida anche in realtà non lontane dalla nostra, è stata giustamente messa in relazione con il fatto che il 2007 è “l’anno europeo delle pari opportunità” che felicemente coincide con la firma della Convenzione ONU dei diritti dei disabili. E’ perciò importante, in questo anno, dare il punto di vista femminile. Per Luisella Bosisio Fazzi, presidente Comitato Nazionale Disabilità, si parte dai diritti per poi fare il percorso di vita al femminile. A causa della discriminazione multipla, la donna deve lottare per la sua visibilità e per le pari opportunità. La donna disabile è considerata una donna mancata e questo pregiudizio influisce sulla sua femminilità. La questione femminile, evidenziata per la prima volta nel 1996 in un forum europeo con il “Primo manifesto delle donne con disabilità”, si può dire abbia avuto il suo pieno riconoscimento nella Convenzione ONU. Le donne, riconosciute come soggetti deboli soprattutto nei paesi in cui hanno un ruolo sociale inferiore, sono oggetto di uno specifico articolo in cui si afferma: “Gli Stati riconoscono che le donne e le ragazze con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, prenderanno misure per assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte di ragazze e donne con disabilità”.

La donna con disabilità non deve quindi essere una donna invisibile, ma una persona nella società. Pertanto è importante che in questo 2007, anno delle pari opportunità, non ci si focalizzi solo su un dualismo maschile-femminile, ma che vengano concretizzati altri aspetti importanti dei percorsi di vita come per esempio l’inserimento lavorativo.

Laura Borghetto, presidente dell’associazione di famiglie “L’Abilità”, ha portato la sua testimonianza di madre. Per una lettura della disabilità in chiave femminile, bisogna fare una lettura dei bisogni e portare proposte concrete:
– per le madri con figli disabili
– per le bambine con disabilità.
La “costellazione materna”, cioè la madre (che psicologicamente rappresenta se stessa come persona – figlia – madre e moglie) è una figura centrale. Non bisogna però guardare allo stereotipo della madre coraggio (che sa fare tutto), o quello contrario della madre annichilita dalla sua condizione. Questi due stereotipi hanno un fondo di verità che convivono nella stessa persona. La maternità con figli disabili è invece fuori dagli schemi e supplisce a volte al ruolo paterno. Come aiutare quindi una maternità difficile?
Ecco alcune indicazioni:
– maggiore attenzione alla nascita per giungere ad una prima comunicazione negli ospedali;
– servizi di comunicazione precoce;
– percorsi di sostegno dopo la prima comunicazione;
– spazi di incontro;
– servizi di sollievo;
– assistenza domiciliare nei primi anni di vita;
– strutture educative;
– permessi parentali sul lavoro;
– sostegno alle madri sole.

Sostenere le madri significa sostenere anche i figli con disabilità. Per le bambine disabili i punti critici per il futuro sono il lavoro e la sessualità. Bisogna difendere e promuovere la sessualità, perché le donne con disabilità sono state spesso oggetto di abuso.
Nenette Anderloni ha portato anch’essa la sua testimonianza di madre. Ha messo in evidenza i problemi della fase adulta di un figlio disabile e la soluzione da lei voluta per il dopo di noi come fondatrice della “Fondazione Idea Vita”. È partita dall’affermazione che quando il disabile diventa adulto scompare dal radar delle istituzioni. Ma affinché il disabile sia incluso e non integrato, perché la gestione del quotidiano non ricada troppo su madri e sorelle, bisogna procurare ai figli una rete amicale forte nel durante noi. E soprattutto per il dopo di noi è fondamentale la scelta di un modello residenziale ottimale.

Tale scelta non deve essere per lei orientata necessariamente verso una comunità alloggio, ma verso il mantenimento in una casa tradizionale. Lo strumento fondamentale per reperire e conservare i mezzi per questa microresidenzialità è la creazione di una Fondazione di partecipazione. Tale tipo di fondazione è un istituto giuridico di diritto privato che costituisce il nuovo modello di gestione di iniziative no profit. E’ un istituto senza scopo di lucro che andrebbe incentivato perché si può aderire apportando denari, beni materiali o immateriali, professionalità o servizi.
Diana Quinto dell’Anffas, affrontando il tema della donna ed il lavoro, ha esposto una recente ricerca in merito. La ricerca ha fatto perno sul mantenimento mirato, cioè sul momento successivo all’inserimento lavorativo. Vi è un forte abbandono del lavoro e solo un disabile su tre inserito nel lavoro è donna (in Italia le donne sono il 51% dei disabili) mentre il tasso di disoccupazione in Italia delle persone disabili è del 76% (n.d.r. Su 208 questionari raccolti il 74% si è dichiarato soddisfatto del lavoro mentre degli insoddisfatti il 18% sono donne ed l’8% uomini. Per quanto riguarda la difficoltà a svolgere il lavoro, a causa di mansioni non adatte, il 14% sono donne ed il 9% uomini). Come si vede, anche se la ricerca è circoscritta, vi è una certa disparità. Resta da segnalare che i meno soddisfatti sono persone disabili sensoriali, mentre sono più soddisfatte le persone con disabilità motoria.
Con quanto da qualche tempo stiamo scrivendo, l’associazione Il Gabbiano sta cercando di mettere in evidenza su queste pagine vari aspetti del mondo della disabilità e questa volta abbiamo voluto segnalare che vi sono specificità e particolari difficoltà per il mondo femminile. Ma questo non significa che queste maggiori difficoltà non possano generare una ricchezza più grande, perché queste donne sono persone vere e non stereotipi.
(Nello Dragonetti)

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