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14/04/2011  |  il gabbiano

“Ti racconto di me”, teatro al Gabbiano

Pattygiramondo

Per la quinta volta in quattro anni l’associazione Il Gabbiano presenterà lo spettacolo che conclude un percorso iniziato a ottobre insieme alla compagnia teatrale Pattygiramondo. Quello di quest’anno s’intitola “Ti racconto di me” ed è stato finanziato dall’associazione “Per un sorriso”. Come raccontare di sé senza sentirsi in imbarazzo? Per esempio facendo parlare un pupazzo che compare in scena, ma non al posto del protagonista. Insieme a lui. E’ il mediatore quindi che racconta, recita poesie e fiabe, parla della propria famiglia, ma sempre su un filo conduttore fatto di allegria e gag, mai di seriosità. Per la prima volta non verrà quindi usata la tecnica delle ombre, che garantiva un certo riparo per i protagonisti. Nel corso degli anni si è passati gradualmente da uno spettacolo di ombre con le sagome ad altri con tecnica mista, sbilanciandosi via via sulle ombre corporee, fino ad accenni sempre più marcati di presenza davanti al pubblico. La scelta condivisa per il 2011 è stata appunto di portare gli attori sulla scena per tutta la durata. L’impianto organizzativo è sempre lo stesso: un gruppo misto di volontari e persone con disabilità sceglie l’argomento insieme a Patrizia ed Heike di Pattygiramondo. Poi lavora alla realizzazione di semplici elementi scenografici (quest’anno ad esempio il pupazzo) e naturalmente prova nel corso dei sabati pomeriggio, che solitamente sono spalmati qua e là sull’intera stagione. La scelta della data dello spettacolo finale è sempre caduta su giornate significative: la sagra di Baggio, Carnevale e la Festa della mamma (per il 2011 sarà proprio l’8 maggio, ore 15,30, ingresso libero fino a esaurimento posti, segue rinfresco offerto al pubblico). La molla principale che spinge i volontari del Gabbiano su questa attività è certamente il piacere di farla, ma se si prova ad indagare più a fondo si scoprono altri elementi significativi di cui non si ha continuamente coscienza, ma che tuttavia esistono. C’è ad esempio la scelta di impegnarsi in una meta comune: ciascuno ha spazio per la propria individualità, ma per la buona riuscita dello spettacolo deve anche sapersi mettere al servizio di un progetto che va oltre se stessi. Questo vale per tutti, senza distinzioni o pietismi, anche se in proporzione alle proprie possibilità. C’è la scelta di mettersi in gioco davanti al pubblico, che non è poi così scontata per tutti, né tra i volontari né tra le persone con handicap. Dal 2007 a oggi il teatro ha senz’altro contribuito a spostare un pochino più in là il limite dell’imbarazzo. E proprio a proposito del “limite” si potrebbero riempire praterie di parole. Ma forse basta dire che non avere paura di mostrarlo, e quindi averlo accettato, restituisce una serenità altrimenti più difficile da raggiungere e questo è il prezioso insegnamento che si riceve stando insieme a persone che fanno più fatica. Ferma restando la garanzia dell’impegno massimo possibile, al Gabbiano lo spettacolo perfetto non può che essere uno spettacolo imperfetto. Deve essere imperfetto, perché è proprio nell’imperfezione e nel limite che si manifesta l’autenticità, non certo nel suo mascheramento. Una volta accesa questa luce tutto risulta più chiaro e non è più importante stare a pensarci ogni giorno e ancora meno importanti sono altri modelli che invece promuovono la “perfezione”.
Inutile quindi impigrirsi su immagini stereotipate, consolanti ma prive di autenticità, come quella dei volontari buoni o di eccessive genialità artistiche nascoste anche tra le persone con disabilità. Fuori dalla retorica attraverso il teatro il Gabbiano serve al pubblico una rappresentazione dell’incontro e della reciprocità: persone che fanno più fatica trovano un’occasione per esprimersi e per rafforzare la propria autostima, grazie all’aiuto pratico di altri amici. E persone con minori difficoltà evidenti trovano un’occasione per non perdere contatto con l’autenticità (quasi mai presente nei propri abbagli quotidiani) grazie all’aiuto di amici che da questo punto di vista sono molto più ricchi.

(Giampiero Remondini)

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