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14/01/2009  |  il gabbiano

Volontariato e disabili, un corso all’associazione Il Gabbiano

Prove dello spettacolo "Baggio 1920, oggi le comiche"
Prove dello spettacolo "Baggio 1920, oggi le comiche"

Chi desidera devolvere il 5×1000 all’associazione di volontariato “Il Gabbiano noi come gli altri” può indicare il codice fiscale n. 09218170158.

La motivazione dei volontari e il significato del Tempo per un disabile sono i due temi che Angelo Daldosso, impegnato per oltre quarant’anni come educatore e nella formazione del personale alla Sacra Famiglia di Milano, ha affrontato nel primo incontro del corso di formazione per i volontari, che si è svolto al Gabbiano. Sono due argomenti di straordinaria importanza per chi decide di approfondire, o forse semplicemente di conoscere fino in fondo, il senso dell’esperienza di volontariato. Senza limitarsi quindi a una semplice frequenza che con l’abitudine rischia di perdere pezzi del suo significato originario.

“L’abitudine dà sicurezza – ha detto Daldosso -, non è di per sé negativa. Lo diventa quando intacca la motivazione. Si evita questo rischio ricevendo formazione, supporto e sostegno. Progettando insieme, pensando al proprio rapporto con la persona disabile come unico e lavorando molto su sé stessi”.

Ma perchè e come nasce la motivazione? Quest’ultima germoglia da un bisogno che a sua volta muove un’azione. Ma l’azione, in questo caso l’essere volontario, nel tempo spegne la motivazione: il suo rinnovo non è dunque una scelta più o meno possibile, ma è l’essenza stessa del volontariato. A proposito di bisogni Daldosso ha citato quelli primari, come quelli fisiologici, poi salendo come in una piramide quelli di sicurezza, di stima, di autorealizzazione, quelli di trascendenza. Dove si colloca il bisogno di adoperarsi per gli altri è oggetto di discussione. Alcuni considerano che derivi dal bisogno di sopravvivere: il volontario proietta sull’altro i “suoi” bisogni per poi vederli soddisfatti. Altri ritengono soddisfi l’autostima (sono un volontario quindi sono buono), altri l’autorealizzazione (mi sto perfezionando come persona), altri ancora come “investimento” su una possibile reciprocità in caso di future proprie difficoltà. Alla base quindi c’è sempre una risposta a un proprio bisogno. Se la donazione gratuita totale non esiste, l’impegno concreto resta comunque una risposta positiva e apprezzabile, a differenza di una semplice e sterile commozione di fronte ai problemi che riguardano gli altri. Daldosso ha poi concluso il primo intervento prima riportando i dati di una ricerca su cosa stimoli la scelta del volontariato – dall’esperienza di eventi personali dolorosi al desiderio di sentirsi utili, di impegnarsi socialmente eccetera – e poi segnalando i classici rischi che un volontario corre: quello di caricarsi di un bagaglio troppo grande, di avere l’impressione di non essere efficace e di creare un rapporto di dipendenza dalla persona.

Dal volontario i riflettori si sono poi spostati sulla persona con handicap mentale e su come quest’ultima percepisca il fluire del proprio Tempo. La conclusione di Angelo Daldosso è stata che per queste persone il tempo più o meno non esiste. Non ha una scansione. Non scorre e quando lo fa, lo fa con una lentezza infinitamente superiore. Questa dilatazione che quasi genera un unico momento sempre uguale è tanto più forte tanto più è grave l’handicap. L’assenza della percezione di un divenire, di aver avuto un passato, di avere un presente e un futuro, rende più difficile la formazione di una propria storia e quindi anche la consapevolezza di sè. Questo silenzio buio ogni tanto si rompe. L’alternanza di presenza/assenza, di chiaro/scuro rappresenta in molti casi l’unica scansione temporale che può essere percepita dalla persona che vive questa condizione. Il rischio per chi vive a contatto con persone disabili è la disillusione, la perdita di motivazione e di progettualità:

“E’ importante superare questa posizione depressiva – ha detto Daldosso – e assumerne un atteggiamento realistico e costruttivo. Il tempo della persona disabile può diventare il tempo della speranza solo riconoscendo il valore della tutela e del rispetto dei suoi diritti. Che altro non sono che i diritti umani”.

Il corso è aperto a tutti. Prosegue fino al 5 febbraio il giovedì ogni due settimane.

Giampiero Remondini

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