#inviaggiocolgabbiano – II tappa. Ed eccoci alla seconda tappa del nostro viaggio, che ci porterà a parlare di disabilità e volontariato con personaggi politici di diverse appartenenze, senza preconcetti e con spirito costruttivo (non facciamo politica), ma anche con altre figure del mondo dell’associazionismo o religiose. Dopo l’intervista alla consigliera Comunale Alice Arienta, la parola passa a un rappresentante del versante politico opposto: Antonio Salinari, assessore eletto nelle liste di Forza Italia nel Municipio 7, con delega a Sport, Cultura, Politiche Sociali, Verde e Arredo Urbano. Il Municipio ha dimostrato ascolto nei confronti dell’associazione. Il nostro obiettivo resta identico per tutto il percorso: fare cultura sull’inclusione sociale (e sul volontariato) per arrivare a valorizzare la disabilità come risorsa… senza atteggiamenti pietistici.
a cura di Giacomo Marinini e Giampiero Remondini
Ci interessa prima di tutto comprendere la percezione che ha della disabilità. Lei cosa “avverte” quando incontra una persona che ha un limite evidente o un’autonomia ridotta?
Le persone disabili suscitano in me dei sentimenti positivi, l’ammirazione per la loro forza di volontà, il desiderio di rendersi utili e soprattutto la determinazione che comunicano.
Spesso la persona con disabilità viene considerata semplicemente “sfortunata”, dimenticando che è prima di tutto portatrice degli stessi diritti degli altri cittadini. Non a caso il legislatore ha previsto le figure dell’amministratore di sostegno e del tutore per rappresentarli. Vi è mai capitato di confrontarvi con qualcuno di loro?
La figura del tutore o dell’amministratore di sostegno è fondamentale per la persona con disabilità perchè deve prendersi cura del tutelato provvedendo all’istruzione ed educazione, a rappresentarlo negli atti personali e patrimoniali, amministrare i beni e tenere regolarmente la contabilità di gestione. Spesso sono i genitori stessi o i familiari, i quali gestiscono la modesta pensione di invalidità di cui il disabile è titolare e si fanno carico delle sue esigenze di assistenza e di cura con dei grossi sacrifici.
Ci sono tante modalità, per la società civile e per le Istituzioni, di non rendere una persona con disabilità un cittadino di serie B. Vuole farci uno o due esempi concreti?
Prima di tutto abbattere le barriere architettoniche trovo ingiusto che nel 2019 in un Comune come quello di Milano, città del futuro, ci siano ancora strutture pubbliche dove i disabili con carrozzina non possono accedervi. Penso alla metropolitana, alle scuole, all’ATS… Ci tengo a rappresentarvi il lavoro che stiamo portando avanti sul nostro territorio. Noi come Municipio grazie alla collaborazione con l’Associazione PEBA abbiamo iniziato un progetto di mappatura barriere architettoniche sul territorio del Municipio 7 e raccolto delle risorse per realizzare una rampa disabili nella scuola Rosa Luxemburg. Inoltre in collaborazione con la Fondazione Comunità stiamo realizzando un nuovo parco giochi inclusivo utilizzabile sia da bambini con disabilità motorie (in sedia a rotelle) che da bambini normodotati. Quello di giocare e di divertirsi in piena sicurezza è un diritto di tutti i bambini. In più abbiamo attivato dei progetti all’interno delle scuole per promuovere l’inclusione e l’interazione dei bambini con autismo e abilità diverse, creando una rete di sostegno per il bambino diversamente abile, fornendo incoraggiamento e riconoscimento di eventuali successi e progressi.
Spesso la disabilità rende le famiglie isolate e chiuse in se stesse. Cosa potrebbe fare di più un’Istituzione come il Municipio per rompere questo muro e favorire la partecipazione attiva alla vita quotidiana? E cosa sta già facendo, invece, per queste famiglie?
Sono d’accordo, i genitori o i familiari ogni giorno sono costretti a compiere dei grossi sacrifici spesso annullandosi totalmente. Noi invece abbiamo pensato anche loro. L’obiettivo è quello di tracciare iniziative di accompagnamento all’autonomia residenziale, superando logiche di “separazione”, con lo scopo di rigenerare un territorio in senso comunitario, creando alleanze, sinergie e cooperazione regalando un po’ di tranquillità ai familiari e creando una centralità della persona e della famiglia nei sistemi sanitari. Uno dei nostri primi atti, infatti, da quando amministriamo il Municipio è stato quello di creare un tavolo disabilità dedicato alle Associazioni e ai CDD territoriali. Abbiamo ascoltato le esigenze principali che sono emerse e abbiamo cercato di coniugare le esigenze con delle iniziative create ad hoc per le famiglie. Una su tutte è stata il Progetto Sollievo che ha coinvolto 63 utenti in 7 weekend, 8 giornate al sabato di attività extra CDD e 20 esperienze di accoglienza presso strutture residenziali. Le esperienze dei weekend si sono concretizzate fuori del territorio milanese, tutti presso luoghi di vacanza. C’è un altro tema importante che dobbiamo affrontare tutti insieme quello sul “dopo di noi”. I genitori di persone con disabilità si chiedono, in pratica, cosa sarà del nostro disabile “dopo di noi”, ovvero quando noi non ci saremo più ad assisterlo? Chi se ne prenderà cura in modo adeguato? Si tratta di una domanda angosciante, che da tempo le famiglie hanno sottoposto alla politica, chiedendo a più parti di intervenire in modo da creare degli strumenti in grado di assicurare un futuro sereno a tutte quelle persone che, con disabilità, non potranno più, ad un certo punto della loro vita, contare su un supporto famigliare.
In precedenza:
13/6/2019: Alice Arienta: costruire la città del futuro rendendola accessibile a tutti