Durante il nostro essere presenti come associazione nelle varie manifestazioni, a contatto con tanto pubblico, sovente ci sentiamo dire: “Purtroppo non ho tempo per fare come voi – non mi avanza tempo – beati voi che avete tanto tempo da dedicare – non sono padrone nemmeno dei ritagli di tempo – quando avrò più tempo libero”. Normalmente rispondiamo con un sorriso di fronte a questo luogo comune che però nasconde in fondo un grande dilemma esistenziale. Vorrei provare a rispondere, a parlare del tempo e del suo valore, anche riferito all’handicap, dell’istante che passa e scandisce la nostra vita. Che non è importante la quantità di tempo che si investe nell’aprirsi al prossimo, ma che questo tipo di scelta sia presente in noi. Mi è giunta molto utile la rivisitazione di un breve libretto edito dalla Caritas Ambrosiana nel lontano 1982, che porta lo stesso titolo di questo scritto.
di Giacomo Marinini
La nostra quotidianetà, nel lavoro, in famiglia, fatta di viaggi, di incontri, è l’esempio di una vita in cui c’è sempre qualcosa da fare, da progettare. Si corre, si gareggia, si compete. In queste condizioni l’uomo non riesce sempre a raccogliersi e ascoltare sè stesso. Il mondo moderno ci rende frettolosi e superficiali, come si suol dire, dominati dal “tempo tiranno”. E allora ci sono cose che riducono la vita alle sole considerazioni pratiche, che finiscono col prenderci completamente a discapito di altre, anche loro importanti. Ecco il dilemma fondamentale: essere posseduti dal tempo o possederlo.
Si è posseduti quando si crede che ci sia del tempo di minor valore da destinare all’evasione o ai rapporti con gli altri. Il nostro tempo è invece unico, indivisibile e tutto ugualmente importante. In quest’ottica il metro del tempo che passa non è più l’orologio ma il senso e il valore dato ad ogni istante della nostra esistenza.
Il tempo diviene così ad una sola dimensione, non esiste quello “utile” e quello “libero”, ma solo modalità diverse di dare contenuto ad ogni attimo della nostra vita. Il tempo è il presente e tutto quello che ci è vicino. Il valore del tempo è dato anche dalle persone che si incontrano e con cui si fa strada insieme. Il tempo viene allora vissuto come luogo dove si realizza la pienezza umana, trovando spazio per tutto ciò che fa parte dei nostri valori. Nasce così la necessità di dare continuo significato al tempo, di esprimere attenzione anche alle piccole cose perchè non vada sciupato niente, in quanto ogni frazione di tempo è prezioso perchè diventa il mio tempo, il nostro tempo, fattore essenziale della vita. In queste condizioni l’uomo possiede il tempo, lo vivrà interamente, seguendo gli ideali in cui crede, nella quotidianetà fatta di lavoro, famiglia, viaggi, incontri. Si aprirà però, coi suoi tempi, alla comprensione, all’altruismo, all’ascolto, realizzando così sè stesso anche attraverso il rapporto con gli altri.
Non è importante la quantità di tempo che si investe nell’aprirsi al prossimo, ma che questo tipo di scelta sia presente perchè rende l’uomo veramente sociale. Veniamo ora a considerazioni circa il rivolgersi agli altri e, per quanto ci riguarda come associazione, ai portatori di handicap. Se il tempo è un fattore essenziale della vita, è anche un fattore essenziale per il portatore di handicap perchè l’handicap è parte della vita, in quanto appartiene ad una persona. Non si tratta però semplicemente di recuperare tempo per gli altri o per i portatori di handicap, ma di strutturare una dimensione della vita in cui la persona che ha tempi diversi abbia il diritto di vivere questo suo tempo. Se il mio tempo è davvero autentico c’è tempo anche per il portatore di handicap, cui offro la possibilità di entrare in rapporto con me e viceversa. Vuol dire che nello spazio dei mie valori c’è anche Lui. Offrire il tempo significa condividere, ma non lo condivido se dò solo quello che ritengo libero. Il tempo dell’altro, anche se lungo, lo devo assumere come mio, allora l’attesa diventa un valore e non una perdita di tempo. Dare tempo all’handicappato vuol dire accogliere il suo tempo e i suoi veri bisogni.
Accettare il tempo del portatore di handicap significa capire che non può esistere emarginazione perchè anche questo è vita. Se noi riflettiamo, l’uomo in generale è costituito dalla sua dipendenza. Il concetto della dipendenza noi lo attribuiamo ai portatori di handicap perchè essi dipendono sovente dagli altri, mentre in realtà, dipendenti lo siamo tutti. Nessuno è autosufficiente, dipendiamo dalla salute, dal lavoro, dalle scelte, dalle compagnie, dalla fortuna, dal destino. E per chi crede (ma il Gabbiano resta un’associazione a-politica e a-confessionale) dipendiamo da Dio.
Vuoi provare l’attività di volontariato il sabato pomeriggio?
Il Gabbiano, noi come gli altri
via Ceriani 3 Milano
tel. 02/48911230
PS: la foto del libro azzurro (pubblicato nel 2004) è stata inserita in seguito rispetto alla data dell’articolo