In un tempo dove tutte le decisioni passano sopra la nostra testa e dove la serenità interiore si compra al supermercato, c’è tanta, tantissima gente che non ci pensa minimamente a dare al proprio tempo un significato di rincorsa solitaria ai modelli di individualismo. Alcune di queste, tutt’altro che eroiche, semmai consapevoli, si ritrovano tutti i sabati pomeriggio in piazza Sant’Apollinare, ognuno con il suo handicap. Uno ha grossi problemi a camminare, ma l’altro vive l’ansia del lavoro interinale. Una si esprime a gesti, ma l’altro aveva dimenticato
come stare bene insieme agli altri. Tutti uguali, tutti diversi. Chi più chi meno, tutti impegnati a scoprire quanto di straordinariamente bello c’è dentro alla diversità di ciascuno e quanto di straordinariamente triste nel processo di desertificazione che produce l’omologazione di modelli di individualismo. Qui Gabbiano, Baggio, periferia di Milano. Che tradotto significa voglia di pensare, di mettere ciascuno un umile e non risolutivo mattone per proporre una realtà nella quale il velocista non rinuncia al record del mondo ma prova anche la fatica di andare più piano, insieme agli altri. Riscoprendone il gusto. Questo mezzo miliardo, abbondante (compresi i fondi in attivo) è un grande risultato, perchè è figlio della scelta di non fuggire davanti alla fatica e della decisione di voler essere il più possibile protagonisti attivi del proprio tempo. Di guardare più avanti. Di seguire il più possibile, pur senza “immolarsi”, le proprie regole e non quelle determinate da qualche ufficio marketing. Si vorrebbe poter contare su tanti, tantissimi che non pensano a cambiare il mondo, ma semplicemente non ce la fanno a dare al proprio tempo un significato di chiusura individualista. Quei tanti, tantissimi dispersi qua e là. Divisi e quindi convinti di essere rimasti gli unici. C’è un sincero bisogno di voi. Quel poco che potete dare, insieme al poco che altri già danno, sarà tantissimo. Non si tratta di soldi nè, è bene ripeterlo, di dedicarsi al cambiamento del mondo. Si tratta della scelta culturale di cambiare canale e diventare protagonisti nella costruzione di un edificio che è bello immaginare come una bandiera. Per poi guardarla in via Ceriani mentre sventola e regala aria fresca a tutti.
(G.R.)