Non si pensi che al Gabbiano manchino idee sul proprio futuro. Sappiamo bene dove stiamo andando e due comunità alloggio, un cdd e un centro ascolto per le famiglie di persone con #disabilità costruiti a Baggio sono lì a dimostrarlo. Ma come impiegare in modo costruttivo questo tempo di rallentamento forzato (anche se non di stop) dal Covid? Beh, abbiamo pensato che sarebbe bello usarlo per raccontare qualcosa degli amici che ci hanno accompagnato in questo lungo cammino. Di Teresa, stella polare, ci sono tante testimonianze sul sito. Giacomo ci ha regalato una sua appassionata confidenza sulla scelta di dedicarsi con tutto se stesso, come lei, a questa avventura. Ma poi ci sono i nostri “amici con qualche problema in più”, come ama chiamarli lui. Bisogna fissare la loro ricchezza da qualche parte, per ricordare SEMPRE da dove siamo partiti prima di muovere qualunque passo futuro. Da chi si poteva iniziare se non dal “direttore”… cioè da quello che sarebbe stato indubbiamente il capo del Gabbiano se non ci fosse stato Marinini? E infatti lui, cioè Giacomo, lo sa bene e forse proprio per quello ha voluto iniziare così questo viaggio, che dovrà coinvolgere tanti volontari. Signore e signori, silenzio please. Non sapete cosa vi perdete a non essere ancora volontari del Gabbiano !
Ciao a tutti e anche a coloro che mi hanno seguito nel primo atto di una Storia piccola piccola, dove ho esposto il mio percorso di vita e senza rimpianti.
Oggi vi vorrei parlare di quando, presso l’Associazione Il Gabbiano, conobbi e frequentai, come volontario, Elvio Bielli un caro e simpatico ragazzo con la sindrome di Down.
Ci conoscemmo 30 anni fa. Allora si presentava molto gagliardo e scherzoso (anche fin troppo in verità). Delle varie attività occupazionali che proponevamo, i famosi lavoretti, non ne voleva sapere. Applicazione zero, lui allora era un uomo di conversazione, al massimo giocava a carte e naturalmente piuttosto che perdere… barava! E se perdeva urlava che sembrava proprio di essere in osteria anche per qualche imprecazione che, ehm, non è qui il caso di ripetere.
Si parlava di tutto in particolare dei suoi genitori, della nonna e della zia. Mi raccontava gli avvenimenti del passato del padre e della mamma.
Era molto particolareggiato e preciso nelle descrizioni alternando il milanese all’italiano. Famose le sue risate e gli sberleffi. Tutti noi volontari avevamo un soprannome: il mio era “Uè, Remigin”!
Proprio per questo suo temperamento molto allegro e risate fragorose, Paola, una ragazza anch’essa con la medesima sindrome, gli mise gli occhi addosso e lo nominò suo fidanzato. Lui però non si accorse che questa fanciulla lo riempiva di attenzioni e quindi “nisba”. Come successe ad un volontario di nome Giampiero che non si accorgeva che la volontaria Michela lo mangiava con gli occhi e sono stato io che l’ho preso da parte, come un padre, per dirgli “Svegliati, ma non ti rendi conto?!”.
Che coppia, quei due.
Poi entrambi alla fine si accorsero. Elvio e Paola ebbero veramente momenti felici di frequentazione fino a quando purtroppo Paola venne a mancare. Giampiero e Michela decisero invece di sposarsi e vollero come testimoni dello sposo Elvio ed io che quindi lo accompagnai sull’altare. Ricorderò sempre con gioia e ammirazione la cerimonia in chiesa con Elvio finalmente serio e compito fino in fondo. Era elegantissimo e tirato a lustro con camicia e cravatta. Alla firma del registro, dopo un lungo tempo di attenzione e meditazione sulla pagina finalmente… firmò!
Di giorno Elvio frequentava come tuttora il CDD in via Ceriani 3 e il sabato e qualche domenica era presso le attività del tempo libero dell’associazione sempre in via Ceriani. Per diversi anni trascorrevamo con altri ospiti e volontari e col nostro pulmino e macchine al seguito, una settimana di vacanza prima al passo della Presolana e poi a Folgaria. Quanto ridere a tavola. Appena arrivati gli avventori dell’albergo, nonni con nipoti, madri con i propri figli, si stupivano del chiasso e risate espresse da noi in piena libertà. Poi lo stupore diventava divertimento per tutti e trovavamo al bar diversi caffè offerti per noi dagli ospiti. Elvio faceva parte del giro serale di scopa, briscola o scala quaranta, era un poco lento ed era uno spasso vederlo distribuire le carte, ungendo le dita con le labbra, ma era molto richiesto perché aveva una memoria di ferro. Mentre noi col resto del gruppo andavamo a fare un giretto, lui restava col roccolo degli altri avventori al tavolo verde.
Ricordo sempre con piacere le partite di calcio a Folgaria con Elvio cosi lento, ma cosi lento, che il portiere avversario si sdraiava per terra ad aspettare che maturassero gli eventi.
Poi Elvio proseguiva le vacanze con la madre a Clusone vicinissimo a Sovere dove anch’io trascorrevo le vacanze nella casa dei miei genitori e quindi ci siamo frequentati diverse volte. Così è stato anche l’anno scorso quando raggiunsi la Bussola, albergo con piscina dove era ospitato ed io ero accompagnato dalle mie due nipotine che lo conoscevano bene e lo abbracciarono e baciarono. Dopo i convenevoli, Viola e Matilde si allontanarono per un momento e scorsero una bella piscina all’aperto scavata nella roccia. Ops! si bagnarono loro sostennero per puro caso e a questo punto, bagnate per bagnate, si spogliarono senza esitare restando in top e mutande e dentro a sguazzare tra le risate generali di Elvio e dei presenti.
Insomma, dove c’è Elvio non si può stare seri a lungo. Ogni occasione è buona!
Poi la sua salute è peggiorata parecchio, ma nel frattempo l’associazione Il Gabbiano aveva realizzato una seconda comunità alloggio a Baggio in via Don Gervasini: Casa Teresa Bonfiglio. Elvio è tuttora ospite lì, per a gioia degli operatori che se lo coccolano mentre lui, sempre gagliardo, li invita ad andare in quel posto in vernacolo milanese tipo ”vada via el…”. Ma sempre in tono bonario, educato, senza arrecare offesa, perché Elvio è così: non si prende mai sul serio e in questo è veramente un maestro da cui imparare.
Proprio ieri sono stato velocemente in comunità per consegnare un pacco e sulla porta era schierato in carrozzina pronto per fare un giro nel parchetto vicino. Quando mi ha visto, mi ha fatto un mezzo sorriso fissandomi a lungo e mi ha detto, mi raccomando salutami la Mafalda, concludendo in milanese, “la tua dorma in pari”.
Questo è il mio amico Elvio, figura sempre con un guizzo negli occhi che parlano da soli e che, anche nella sofferenza, riesce ad essere se stesso sempre con un pizzico di ironia.
Giacomo Marinini